#13 - SOLIDARIETA'


È ufficialmente pandemia, vabbé s’era capito.
L’OMS l’ha annunciato ieri sera. 





Speriamo che, all’estero, così risulti più chiara l’emergenza.
Quanto accade in Italia e come stiamo reagendo può insegnare molto a chi ha ancora tempo.
Chissà, forse la nuova etichetta avrà più impatto anche su chi, qui, fino a ieri continuava a giocare a calcetto e a basket nei parchi pubblici, interpretando la chiusura totale del Paese come una vacanza premio. 
Pensando alle occasioni di contagio rappresentate dagli sport di squadra c’è un’immagine che, come si suol dire, vale più di mille parole: lo schianto di Ben Stiller contro il petto sudato del giocatore di pallacanestro avversario in E alla fine arriva Polly.
Se vedete qualcuno ancora in campo, consigliategli il film. E ditegli anche “Raindance!”, come esclamava il fantastico e irruento Philip Seymour Hoffman provando a fare canestro. Perché, in effetti, sudare in compagnia è come fare la danza della pioggia per invocare il virus e scambiarselo.





Oggi il turno di Francy è in automedica. Non so se sono più sollevato o se preferivo immaginarmela con lo scafandro anti-contagio, in Rianimazione. Di certo il traffico pressoché azzerato dai provvedimenti governativi riduce la possibilità di incidenti stradali, dunque le chiamate al 112. Tuttavia chi avrà bisogno d’aiuto? In quali case entrerà? Il virus è il maggior indiziato, come potenziale “utente”. E in questi giorni le sirene delle ambulanze continuano a rompere il silenzio della città “in attesa”.
È uno degli aspetti che mettono i brividi, mentre, fermi come camaleonti, tentiamo tutti di mimetizzarci per sfuggire al Covid-19.

Alle 7 del mattino le faccio la rassegna stampa. Un quarto d’ora insieme, tutto nostro, occhi negli occhi, nasi nelle tazze di caffè, mentre le bambine ancora dormono. L’idillio. Giusto un attimo prima che esca di casa per andare a combattere il Demogorgone. 
Eh già, questo Covid-19 è un “nemico invisibile”, come la personificazione del male in Stranger Things
Questa analogia tra la serie tv e i fatti di cronaca si nota, in particolare, perché in entrambi i casi le cause scatenanti di un assedio alla comunità sono accolte con scetticismo dall’opinione pubblica. Nella fiction come nella realtà, la presa di coscienza del potenziale dolore è un processo drammaticamente lento. 
E il ritardo causa conseguenze.

Alcuni aspetti confortanti, tuttavia, emergono nitidi.

Innanzitutto l’incessante opera del nostro personale sanitario, che dà prova di formare un solido e strutturato esercito di eroi, contrariamente a quanto accade nella fiction americana di grande successo, dove a salvare il mondo è uno sparuto gruppetto di simpatici ragazzini nerd, aiutato da un paio di adulti naïve.

C’è poi l’ondata di solidarietà della popolazione. Un altruismo contagioso, fatto di gesti concreti.

- L’altra sera è arrivata una barella carica di pizze - mi racconta Francesca, sorseggiando il caffè - e poi tante fornerie e pasticcerie ci mandano regali, ma… accidenti, l’altro giorno mi sono persa i dolci inviati da Iginio Massari! Da un lato meglio così, altrimenti a fine emergenza… altro che prova costume. E poi c’è stata quella ragazzina, Sophia, che ha deciso di festeggiare i suoi 14 anni regalando a noi brioches e frutta, che gesto nobile.




- E oggi - esclamo entusiasta - di sicuro superiamo i 5 milioni di euro, vedrai! Che città!!

Mi riferisco alla sottoscrizione di beneficenza #aiutiAMObrescia lanciata dal Giornale di Brescia, la testata con la quale collaboro, per raccogliere fondi per gli ospedali locali, indirizzati all’acquisto di attrezzature salvavita e alle spese straordinarie per far fronte allo “tsunami” di questo Coronavirus, come l’ha definito il direttore Nunzia Vallini nell’editoriale di ieri, annunciando di aver già raccolto  2 milioni nelle prime 24 ore. Dopo solo un altro giorno stamattina siamo a quota 4milioni e 710mila.



Effettivamente questa calamità dà modo alla nostra città di dimostrare per l’ennesima volta il suo potenziale umano e professionale eccezionale. Altra ottima notizia di oggi è, infatti,  che il laboratorio di Virologia degli Spedali Civili ha isolato la mappa genetica del Coronavirus che ha contagiato un paziente bresciano. Un risultato che sarà molto utile per lo sviluppo delle terapie per combattere la malattia.

È una crisi a velocità differenziate: 

- In Cina - dico contento - stanno smantellando gli ospedali costruiti al volo con strutture modulari, per gestire l’emergenza!

- E intanto - mi risponde lei - qui si parla di aprire un ospedale da campo al Centro Fiere, coinvolgendo strutture sanitarie pubbliche e private della città. Mi chiedo quale sia il piano per gestirlo… insomma, cosa succederà dal punto di vista logistico e anche quali medici verranno assegnati lì.

Alcune risposte arrivano dal Corriere della Sera che scrive che la struttura provvisoria verrà affidata all’Esercito e alla Croce Rossa.
Il giornale avvisa anche che nel grande ospedale dove lavora lei “sono già una quarantina” gli operatori sanitari contagiati.
Quel “già” pesa come un macigno. 

Inutile sottolinearle la mia preoccupazione. 
Bastano i dati, ogni giorno scanditi dal bollettino ansiogeno.
A Bergamo, mezz’ora da qui, i medici contagiati sono 50.

- Allora ad Emma cosa regaliamo per il compleanno? - cambia argomento - A me ha detto che desidera un pallone da volley. E, che dolce, mi ha chiesto se potrà usarlo presto per giocare con i bimbi dei nostri vicini di casa, in cortile, aggiungendo: “tranquilla mamma, staremo a un metro di distanza”. Cucciola, che compleanno strano stavolta. E noi, con tutti i negozi chiusi dobbiamo attivarci in altri modi, vedere se consegnano a domicilio…

S’infila la giacca giallo fluo da soccorritrice ed esce. Ho l’impressione che parta per andare nel Sottosopra, “l’altra dimensione” dove aleggia il Demogorgone.





Silenzio nel silenzio, la casa riflette l’assenza di suoni esterni.
Il trio dorme e mi metto a scrivere. Devo riallineare i pensieri, limare le paure, piegarle su stesse e ridipingerle fino a trasformarle in quell’arcobaleno che annuncia #andràtuttobene.
La nostra moderna cometa psichedelica.

- Paaaaaapy… paaaapy… Sono svegliaaa… vieni!

Ops, è finita la quiete. Meglio così, la mia quattrenne Bianca vuole uscire dal bozzolo, quella coperta-sacco dove ancora riusciamo a farla dormire in modo da assicurarle il giusto caldo di notte. 
Lei saprà di certo riempire di vitalità questa mattinata grigia e ancora intontita.

-...ma se mangio tanta pappa mi trasformo in un mostro piccolo?

Provo a ragionare su cosa voglia dire… mah, questa è roba da “Libro dei sogni” di Federico Fellini! Un rompicapo, un enigma. Rimando le elucubrazioni, è ora di iniziare la danza della quotidianità, versione “arresti domiciliari”, come tutti in questo periodo.

Dalla finestra scorgiamo la nostra simpatica dirimpettaia Vicky e suo marito Pedro, che ci mandano spesso messaggi di sostegno e chiedono di Francesca. Li salutiamo felici. Ah, che gusto c'è nei saluti di questi giorni, gesti plateali e sorrisi larghi, visibili da lontano: il divieto d’abbraccio ci ha subito indotto una profonda nostalgia del contatto, rendendo gli altri entità imprendibili. Puoi trattenerli solo con lo sguardo, con uno sforzo emotivo simile a quello di Undici, la bambina dai poteri sovrannaturali di Stranger Things.




Mi accorgo della presenza di altri vicini di casa, che attraversano il cortile; indossano la mascherina. Uno parte con la Vespa, l’altro sale in auto. È una scena surreale. 
Adesso ho capito: agli occhi della piccola Bianca tutto ciò deve sembrare strano... un’umanità impaurita. Chissà cosa pensa. Trasformarsi in un mostro piccolo potrebbe essere una strategia di difesa, il suo modo di sentirsi al sicuro, in questo scenario fantascientifico.

Si svegliano tutte, comincia la giostra. Colazioni, lavarsi, vestirsi, compiti, raccomandazioni, mio telelavoro, correzione, gioco, cartoni-cuscinetto utili a placare i morsi della fame mentre preparo da mangiare, pranzo, lavastoviglie, caffè, relax, compiti, telelavoro, merenda, telelavoro, gioco, tv, videogame, bagnetto, giretto col cane, raccolta deiezioni, pappa per il cane, preparo la cena, lavastoviglie, pigiami, denti da lavare, groviglio di sorelle che si arruffano per terra in abbracci che diventano anche un po’ lotta. E alle 21.40, alla fine, arriva Polly. Cioè Francy, mamma, insomma: lei.

- Hai il viso riposato amore - scherzo - si vede che la mascherina rilassa la pelle! Una giovincella.

- Io sono giovane, bellino.


Bilancio della sua giornata: 3 arresti cardiaci, un attacco di epilessia, due sospette polmonti. Ma tra uno squillo e l’altro del telefono è riuscita anche ad ordinare il regalo di compleanno.

- Ah, e... nella prossima vita farò l'ostetrica, tipo.

- Tu una roba fuori dagli ospedali mai, eh? Un bel chiringuito? Piedi nella sabbia, aria di mare, cocktail...

- Scherzi? Guarda che poi devi pulire tutto alla fine... urina e vomito dei clienti... anche no, grazie.

Pragmatismo. Ah, quanto mi è mancato oggi, mentre le esigenze delle tre puffette s'intrecciavano ed esercitavo l'arte del funambolo amatoriale.

Chiacchieriamo un po', adesso. Scaviamo sotto la superficie di tutte le parole necessarie e andiamo a stanare quelle preziose nella loro semplicità e talvolta apparente inutilità. Quelle che la lotta del quotidiano lascia scivolare sotto ai doveri, ma sono scintille senza le quali è impossibile innescare reazioni, infiammarsi d'amore. È un delitto farle soffocare, sono loro il vero motore di tutto.
Il post per il blog lo finirò domattina, per forza.
Per scrivere bisogna prima, o almeno intanto, vivere.

Mentre Francy butta tutti gli indumenti da lavoro in lavatrice, dirigo la ciurma orientandola verso il divano, alla ricerca del programma tv che metta d’accordo tutti.

- Papà, quand’è che la mamma fa la prossima notte in ospedale? chiede la pre-adolescente.

- Tranquilla amore, in questi giorni lavora tanto, ma non saranno tantissime le notti…

- Ah ok, dunque quand’è che possiamo mettere a dormire le piccole e star svegli io e te a guardarci Stranger Things? Ci manca solo il finale di stagione, sono curiosa…

Uh, ok. Ho capito. Meglio così, va.

Andrà… anzi, che dico: va tutto bene. 

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NOTA

Per fortuna non ho fatto scommesse, altro che 5 milioni, ieri sera la sottoscrizione #aiutiaAMObrescia è arrivata a 7 milioni e 360mila euro.

Evviva! Che città, ragazzi, che città!

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