#22 - LA FAMIGLIA AI TEMPI DEL PIGIAMA PARTY GLOBALE
- Papy, oggi è stato un giorno "perfettissimo".
- Cucciola, davvero sei così felice? È stato un compleanno strano… in casa, senza una vera festina con i tuoi amici… ma non preoccuparti, ti ho promesso che la faremo, appena la situazione sarà più tranquilla.
- Sì, comunque oggi è stato proprio bello: eravamo tutti insieme. E Chicca ha giocato tutto il giorno con me! Proprio tutto il giorno.
Otto anni, adesso. Ed Emma mi insegna già tante cose. Alla fine sono state le attenzioni della sua sorella maggiore a fare breccia nel suo cuore.
- La nostra Emmina! Ci ha stupito, vero mamma? - dico a Francesca prima di dormire - Fa pensieri da grande e anche le sue reazioni mi colpiscono: davanti al montaggio dove ho allineato i video-auguri dei suoi compagni di classe, dapprima è rimasta esterrefatta, come ghiacciata. Poi si è praticamente commossa. Ed io che speravo di vederla saltellare di felicità.
- Sì, ma era contenta… la capisco, mi sono commossa anch’io! Dopotutto non vedeva i suoi amici da quasi un mese. Un distacco senza preavviso, in quella strana domenica pomeriggio, quando la tv intimò di far saltare la sfilata dei carri in maschera. Pensa che orribile notizia per una bambina. Come un brutto scherzo, in un carnevale lasciato a metà.
Finalmente ha rivisto i volti dei suoi amici, tutti insieme. E che spettacolo il video: una carrellata di pigiami, questo l’aspetto più inatteso. Davvero tanti, in effetti, i compagnucci che hanno scelto questo outfit. Effetti collaterali dello #stateacasa collettivo.
Si è configurato, così, una sorta di grande pigiama party! Del resto anche Emma, guardando il video a colazione, sfoggiava lo stesso look. E finché sono i bambini a star comodi va bene, noi adulti forse è meglio che non ci abbruttiamo: non dico di stare a casa in smoking, ma neanche in vestaglia o accappatoio tutto il giorno come Carlo Verdone in Borotalco, o Jeff Bridges ne Il Grande Lebowski. Per vivere serenamente le restrizioni ci vuole una strategia contro la claustrofobia: l’ambiente casalingo non dev’essere percepito come una prigione o una clinica per la convalescenza. Piuttosto deve sembrarci un’astronave, indipendente e lontana dal mondo, ma sempre in collegamento con esso tramite la strumentazione di bordo. Cosa oggi possibile attraverso le videochiamate.
Lo hanno capito subito i più giovani, come la nostra vicina di casa MariaGiulia, chitarrista diciannovenne ospite speciale nel video per Emma, in abiti da giorno. Il suo contributo è diventato la sigla d’apertura: ha regalato alla festeggiata un’interpretazione unplugged di Sciare dei Pinguini Tattici Nucleari. Una meraviglia! Essere nei pensieri di un’amica così grande è un’emozione formidabile. Oltretutto “Gi”, come si fa chiamare la nativa digitale, insieme a mamma Vicky e papà Pedro ha anche lasciato davanti alla nostra porta un libro ed un disegno, in regalo per Emma.
Conseguenza: sorelle in bilico tra gelosia e picco d’aspettative future per i loro compleanni.
Tanti i messaggi simpatici arrivati dai compagni di scuola di Emmy: dal suonare happy birthday al pianoforte, ai canti, fino alle evoluzioni ginniche: salti, tiri a canestro, balli. Tanta voglia di rivedersi espressa nei modi più originali, tuttavia densa di una spontaneità che da adulti spesso si perde.
A edulcorare tutto una colonna sonora speciale, scelta in alternativa ad un brano di Frozen che avevo in mente, ma all’ultimo minuto ho considerato un po’ troppo scontato: Wake Up degli Arcade Fire, soundtrack de Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze, tratto da un nostro (e non solo) cult, il libro illustrato cult Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak.
Dopo aver rivisto varie volte il video, il resto la giornata di festa è scivolato via sereno, tra le golosità preparate da mamma e sorelle per viziare la festeggiata: in apertura pancake allo sciroppo d’acero, fragole, cheesecake e uovo all’occhio di bue per colazione, giocando ad essere in un Grand Hotel, e rispondendo come una diva alle video-chiamate d’auguri.
In chiusura un altro giro di tagliatelle fatte in casa; sono passati pochi giorni dall’ultima volta, ma i compleanni danno diritto a tutto.
Le immagini sedimentano nella mente, purtroppo o per fortuna.
Penso a quando, da grandi, le nostre figlie riguarderanno le fotografie di questo ottavo compleanno di Emma: notando il poco affollamento dietro alla torta con le candeline, ricorderanno questo periodo d’emergenza Covid-19. È nostra responsabilità far in modo che le memorie non siano traumatiche.
Non giriamoci intorno: di recente anch’io ho avuto qualche attimo di cedimento. Non credo se ne sia accorto nessuno, è stato un po’ come implodere e ripartire sospinti da uno sbalzo d’umore.
Il vantaggio, quando le preoccupazioni si schiantano l’una contro l’altra nella mente mentre passi l’aspirapolvere, è che il rumore dei pensieri si perde nel ronzio elettrico.
Che ne sarà dell’anno scolastico delle bimbe? Per quanto tempo Francesca verrà strapazzata da questo ritmo frenetico? Quanto può resistere, restando in salute? Come stanno, davvero, i nonni? Come stanno i nostri amici? Uno è in quarantena nell’appartamento confinante con i suoi affetti. Altri nuclei familiari sono rimasti divisi, con un genitore in una città diversa, per motivi di lavoro. Qualcuno è seriamente preoccupato per la sua attività imprenditoriale o per il futuro dell’azienda della quale è dipendente.
Tutti pensieri che condividerò con Francesca, ma al momento giusto. Il ritmo che sta tenendo in ospedale necessita momenti di stacco netto, non possiamo riempire i suoi pochi riposi di preoccupazioni.
E allora prima di addormentarci parliamo di cose normali, possibilmente allegre. Essere complici, dopo vent’anni insieme, è naturale, talmente tanto da non soffermarsi a pensare che forse è proprio quello il segreto di una relazione.
Sebbene con tante differenze di base, certi nostri dialoghi seri e intensi, mi fanno torna in mente una delle ultime scene de La famiglia di Ettore Scola - film che ho visto al cinema con i miei genitori da bambino, rimanendone molto affascinato, quasi in preda ad un turbamento che forse ha a che fare con il mio conseguente amore per il cinema.
Stefania Sandrelli e Vittorio Gassman, la coppia di protagonisti ormai anziani, riordinando casa dopo la festa organizzata per il compleanno del loro nipotino Carletto, ripensano a tutte le feste fatte, anno dopo anno, nel corso del loro matrimonio.
Lei - Il momento più bello delle feste è quando si resta soli a sparlare… e di chi sparliamo?
Lui - Sparliamo di noi!
Lei - Forse non ci siamo occupati abbastanza di Paolino. Ai figli che non danno pensieri si dedicano meno pensieri…
Rivedendolo, di recente, ho notato un errore: la scena dei festeggiamenti viene introdotta da una voce fuori campo che dice “Oggi Carletto compie otto anni”, mentre quando arriva la torta ci sono solo sette candeline. Chissà com’è successo. Se è stata una svista durante le registrazioni audio in studio di doppiaggio, oppure sul set. Chissà cosa prevedeva la sceneggiatura.
Ciò che resta, tuttavia, per sempre consegnato al tempo dal film, è la storia di un compleanno mancante. Mi ritrovo a chiedermi se la nostra Emma sentirà quello di quest’anno come tale. Adesso no, è felice. Ma in futuro non dovremo fare l’errore descritto dalla coppia di nonni a fine festa, pensando a loro figlio Paolo. Anche se la nostra bambina (anzi le nostre bambine, estendiamo il ragionamento a tutte) non daranno pensieri, in particolare riguardo al ricordo di questo periodo strano del Covid-19, dovremo comunque accertarci che sia tutto ok.
E stavolta, finita la tempesta del Coronavirus, a me toccherà un compito in più: sarò io ad assicurarmi che anche per Francy sia tutto ok, perché l’entità della sofferenza che sta vedendo in ospedale in questo periodo avrà bisogno di essere metabolizzata.
Del resto adesso nella nostra cucina - la stessa che ogni weekend di solito si popola di amici e brindisi - alle 2 di notte ci sono solo io, a pensare e scrivere e dialogare con me stesso. Con l’illusione di esserle così più vicino, mentre lei stanotte lavora in Rianimazione, protetta nella sua tuta spaziale. È come uno di quegli astronauti chiamati ad uscire dalla navicella per riparare un guasto. Nelle sue mani c’è il futuro. Mi vengono in mente decine di film hollywoodiani ambientati nello spazio, per descrivere anche e soprattuto una sospensione del tempo, come Gravity o Interstellar.
Ho l’ardire di immaginare che mio pensiero per lei sia il cavo di sicurezza che la tiene collegata allo shuttle. E così al mondo conosciuto, quel pianeta azzurro, della normalità, dove vogliamo tornare tutti.
La famiglia, molto più terreno, ha qualcosa di speculare a quelle avventure spaziali: è un film girato tutto in un interno, in un arco temporale lungo quasi tutto il Novecento, celebrando la funzione della casa come culla degli affetti e luogo sicuro, pur attraversato da travagli. Chissà cosa penserebbe Ettore Scola, oggi, davanti a questi giorni casalinghi, che vedono tutti gli italiani chiusi nelle proprie case-capsule.
Potremmo fare come lui e cogliere l’occasione di osservare la geografia (anche umana) delle nostre abitazioni, guidati da uno sguardo emotivo, per riscoprirne i dettagli che evocano ricordi. E usare quei ricordi come reti di sicurezza per dare serenità a chi è fuori, in prima linea, negli ospedali (amici, parenti o conoscenti che siano, abbiamo tutti qualcuno sul campo di battaglia).
Oppure continuare il pigiama party collettivo, in videoconferenza.
Ognuno scelga la propria via, l’importante è restare a casa e prepararsi a tornare alla realtà, affinché i mostri selvaggi nei quali ci siamo imbattuti in questa lunga notte vengano addomesticati.
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