#8 - SULLA “QUARANTENA”

Una parola antica è riemersa dal passato
e sconvolge la nostra quotidianità.

"I contagi proliferano, in ospedale spuntano pazienti come funghi. Per venirne fuori bisogna rimandare il più possibile il picco".
Questo è quanto apprendo dai tanti medici e giornalisti che conosco e stimo. E da molti altri che leggo.

In controtendenza, nel frattempo, su scala più ampia, percepisco un diffuso senso di insofferenza alle precauzioni, in nome di una gran voglia di normalità ad ogni costo.

Perché c’è questo scollamento?

Forse la reazione di rifiuto del pericolo è indotta dallo smarrimento del vivere un'emergenza a macchia di leopardo, che scuote tutte le nostre attività professionali e le abitudini sociali.
Il punto è cercare di guardare oltre ai limiti dei fastidi immediati, per immaginarsi la linea dell'orizzonte di questa emergenza, che tutti possiamo concorrere ad avvicinare o allontanare.
Finirà prima o poi.
Finirà prima, se a fare la propria parte per interrompere la catena del contagio sarà ognuno di noi.



Fermarsi è difficile, lo capisco. Lo comprendo sempre meglio, giorno dopo giorno. 
Può diventare, tuttavia, un'occasione di prendersi il tempo per il giusto approfondimento: l'unico vero vaccino ad un proliferare virale di informazioni malate (news superficiali, post, video e articoli acchiappa-click... per motivi pubblicitari, per protagonismo o come sfogo).



Dal mio punto di vista "privilegiato" sull'emergenza (ovvero, come sapete, l'attività di Francesca in Rianimazione) osservo quanto accade con almeno 2 ottiche diverse, come fossi un fotografo con a disposizione 2 obiettivi: lo sguardo d'insieme, panoramico, grandangolare (dato dai mass media) + lo zoom sulla realtà, nuda e cruda, raccontata direttamente dalla corsia d’ospedale.



Questa doppia lente mi svela sempre più la miopia delle tante opinioni sbilanciate che leggo in rete (che siano allarmanti o tranquillizzanti), spesso utili solo alla popolarità di aspiranti "influencer" che si erigono ad esperti di medicina.
Senza vena polemica e mosso dal desiderio di fare la mia parte - visto che, oltretutto, nella vita mi occupo di comunicazione - segnalo a chi desidera occupare il "tempo dell'attesa" in modo costruttivo due articoli illuminanti dedicati al ruolo dell'informazione. Due scritti di innegabile autorevolezza, utili anche a supportare le tesi di questo mio post.


We’re not just fighting an epidemic; we’re fighting an infodemic”. (Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS)

- INTERNAZIONALE mette bene a fuoco le modalità che utilizziamo per costruirci le opinioni
(E scoprendolo possiamo mettere in discussione ciò che abbiamo già catalogato, qualsiasi sia l'argomento. Illuminante):

Per il resto, mi permetto, in punta di piedi, di richiamare l'attenzione di tutti sull'esistenza (sulla resistenza, sarebbe forse meglio dire) delle edizioni cartacee dei quotidiani (sempre reperibili anche online con poca spesa; e a chi si lamenta della non gratuità ricordo che il giornalismo vero è un lavoro a tempo pieno e che se pochi giovani riescono ad accedere alla professione è proprio per colpa dei problemi economici del settore, tra i quali i lettori persi, perché si accontentano di informarsi googleando).



Ad esempio, oggi il Giornale di Brescia dedica 12 pagine al Coronavirus, coordinando dati, pluralità di voci e approfondimenti. E anche gli altri quotidiani locali come Bresciaoggi e Corriere stanno facendo un gran lavoro. E poi, naturalmente, ci sono i nazionali e le riviste.
Io mi sento più sicuro leggendo gli articoli dei tanti colleghi sul territorio. Non si tratta di essere sempre d'accordo, su ogni riga, ma di stima per il loro impegno in campo. Di fiducia nell'esistenza di una rete coordinata di menti che hanno acquisito competenze e capacità di raccontare il mondo, restituendone fatti e sfumature in modo obiettivo, al di là delle opinioni e del protagonismo personale.

In questi giorni i giornali stanno raccontando la situazione in modo dettagliato e approfondito. Leggerli non è solo meglio che accontentarsi delle anteprime delle notizie in rete o dei pochi articoli in forma completa messi a disposizione: significa farsi garanti attivi (sostenitori, come nei crowdfunding) di un'informazione sana.
Aggiungo: democratica.

La libertà non è soltanto la possibilità di esprimere opinioni per tutti. È anche non lasciar recedere il diritto di orientarsi - davvero - tra i punti di vista esistenti.
Perché ricordiamoci che sui social tutti hanno voce, ma è l'algoritmo che decide quali farci sentire (insomma, quali letture proporci).



E in un mondo in cui le vendite della birra Corona stanno colando a picco solo per assonanza con il nome del virus, l'umanità mostra chiari sintomi d’essere troppo facilmente… INFLUENZABILE.




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Grazie per essere arrivati fino qui a leggere.
Se invece siete balzati subito alle conclusioni, giusto per vedere come andava a finire, 
riassumo con un tweet della CNN:


“Just to be abundantly clear: there is no link between the virus and the beer”.


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