#10 - UNO SCENARIO DA “MEDICINA DELLE CATASTROFI”

Eroi per un giorno. E poi il successivo. E quello dopo pure.


Il risultato del tampone non è ancora arrivato. Non credo che tre giorni sia l’attesa standard, altrimenti siamo fritti, altro che fermare la catena dei contagi.

Dev’essere perché quello di Francesca è stato fatto “solo per scrupolo”, mi dico.

Gli esiti di tamponi dei pazienti ci arrivano in poche ore, quindi non scrivere cose che scatenino il panico generale, fai il bravo Paul! ” - mi rimprovera lei, la voce della scienza. 

Ha ragione. Fateci sapere subito, appena arriva, il prima possibile ” - dicono i nonni. 

Li capisco. 

Dobbiamo stare tutti tranquilli, pur comprendendo che il momento è delicato. Come i funamboli. Non cammini in equilibrio su un filo se sei tu ad esser teso. 

Inoltre la cosa peggiore per chi vive un momento molto impegnativo sul lavoro è tornare a casa e trovare gente preoccupata, dunque qui siamo tutti molto allegri, giochiamo, cantiamo e suoniamo l’ukulele, addirittura cuciniamo dolci in attesa della mamma. Io e Francy parliamo molto e cerchiamo insieme le parole e per spiegare alle bimbe la situazione in modo sereno. 

Anche quando eravamo noi alle elementari una volta all’improvviso chiusero le scuole per una settimana, per una grande nevicata ”.

 



Certo, pur nella complessità per adulti e aziende, per noi  bambini fu una gran festa. Il paragone non regge, ma aiuta a comprendere che le situazioni straordinarie fanno parte delle possibilità che la vita ci pone dinanzi. 

Francesca nel poco tempo libero legge molto: decine di messaggi di colleghi, utili a rimanere aggiornati in tempo reale sugli sviluppi della situazione in reparto; e poi articoli scientifici e documenti ufficiali. Ieri ne è arrivato uno (vedi nota) ufficiale di SIAARTI, la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva, che solleva il tema dell’etica clinica. Un testo chiaro e importante, non solo per gli operatori sanitari, visto che l’opinione pubblica si modella a partire dalle informazioni diffuse e in questi giorni si è visto anche attraverso titoli di giornale inquietanti (e non è mia intenzione qui aprire un dibattito sull’attendibilità e l’etica stessa di certo giornalismo, mi basta rilevare che esiste e che innesca meccanismi d’opinione che generano conseguenze). Uno di essi urla, riferendosi proprio al testo della SIAARTI, all’esistenza di  “un documento segreto per decidere chi salvare”. Diversa la realtà, che può far lo stesso saltare sulla sedia chi legge, ma è comunicata in modo coscienzioso e autorevole dai canali deputati a farlo, sebbene ponga i medici di fronte alla drammaticità di operare scelte, come nelle maxiemergenze. 

La macchina dei soccorsi segue regole, non improvvisa. Questa consapevolezza, almeno, dovrebbe tranquillizzare. Ciò considerato, la lettura del documento in questione fuga ogni dubbio sull’entità del problema Coronavirus e dovrebbe far riflettere i (pochi?) scettici che ancora prediligono l’atteggiamento del  #nonsiferma:

< È uno scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate >

< Uno scenario di questo genere è sostanzialmente assimilabile all’ambito della “medicina delle catastrofi”, per la quale la riflessione etica ha elaborato nel tempo molte concrete indicazioni per i medici e gli infermieri impegnati in scelte difficili >

Come estensione del principio di proporzionalità delle cure, l’allocazione in un contesto di grave carenza (shortage) delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita” >

< Questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served” >

Attenzione: il testo, nel primo passaggio citato, usa il condizionale. E specifica che le indicazioni vanno messe in relazione alle specificità delle singole realtà lavorative. Dobbiamo comunque camminare sul filo, ognuno il proprio. Ma tutti insieme formano una rete. Le oscillazioni di uno si ripercuotono sull’intero sistema. Come un contagio. Dunque noi restiamo tranquilli per il tampone di Francy, anche se certo, di tempo a “danzare col virus” ne trascorre parecchio: turni da 12 ore (dalle 8 alle 20 o dalle 20 alle 8) più i tempi di passaggio delle consegne con i colleghi, una sorta di riunione in entrata e uscita per aggiornarsi sull’andamento dei pazienti. Insomma, quando esce di casa di solito torna dopo 14 ore. Beninteso, questo ritmo lavorativo è normale per lei e tutti i suoi colleghi anestesisti-rianimatori, anche prima dell’emergenza Covid-19 era così. Non che le notizie che girano siano false: stanno davvero lavorando molto di più, semplicemente saltano riposi e hanno aggiunto altri mezzi turni ovunque possibile in agenda, per gestire la mole di pazienti in arrivo. È gente risoluta, senza paura di lavorare, che non si lamenta. Speriamo di ricordarcelo tutti anche quando si dovrà stilare un bilancio di questo difficile momento. E auspico anche che non si dimentichi l’importanza della sanità pubblica, senza la quale questa emergenza potrebbe, come aggravante, trasformarsi in lotta di classe, con pazienti di serie A e serie B. Con o senza assicurazione sanitaria, per essere chiari. 

Come nei film e nelle serie tv americane, dove c’è sempre un bravo medico che desidera curare un malato che non può permettersi le cure e, davanti al dilemma etico, comincia a lottare con i dirigenti dell’ospedale per fare uno strappo alla regola. 

Finita la tempesta ci saranno tante riflessioni da fare, non solo sulla capacità di risposta del sistema: prima ancora si dovranno rivedere i tanti tagli alla sanità operati nel passato recente e correggere la rotta. Non vale il fantastico ritornello “ we can be heroes / just for one day ”. Non siamo in una canzone di David Bowie, sarebbe bello. Bisogna essere eroi, sì, giorno per giorno. Uno dopo l’altro. 

Chi è in prima linea lo sa, tutti noi dobbiamo impararlo, a partire dai piccoli gesti, dal desiderio di capire i dettagli di questa emergenza, per fronteggiarla anche dalle retrovie. Adesso è il momento di camminare dritto sul filo, un passo alla volta, braccia aperte, pronte a chiudersi in un grande abbraccio solidale per tutti coloro che stanno vivendo la trincea.


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Nota: Il titolo del documento è “RACCOMANDAZIONI DI ETICA CLINICA PER L’AMMISSIONE A TRATTAMENTI INTENSIVI E PER LA LORO SOSPENSIONE, IN CONDIZIONI ECCEZIONALI DI SQUILIBRIO TRA NECESSITÀ E RISORSE DISPONIBILI”, reperibile sul sito: www.siaarti.it


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NO PANIC + NO JOKE 🦠👩🏻‍⚕️

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