#40 - IL BALLO DEL QUA QUA-RANTENA


Quarantena.
Quaresima.
Quaranta post.
Qua.

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- Papà, domani è Pasqua: saranno passati quaranta giorni da Carnevale, quindi finisce la quarantena, come la quaresima, vero?

La quasi tredicenne ha parlato a nome di tutte e tre le sorelle. Sei occhi vispi mi fissano in attesa di risposta.

- Ehm, Federica... Emma, Bianca… bellezze mie… purtroppo non è proprio così. Cioè il vostro calcolo è giusto, ma il numero quaranta non è per forza collegato alla parola “quarantena”, che è in pratica un modo di dire… 

- Ma come “un modo di dire”? Una fregatura come il “quanto basta” nelle ricette?

- Più o meno. Immaginatela così: un concetto a forma di fisarmonica, che si accorcia o si allunga a seconda delle necessità. All’inizio dicevano che sarebbe durata 14 giorni. In Cina è andata avanti… 76. Ma non deprimiamoci con quest’ultima cifra. Forse noi ce la caveremo con qualcosa meno... l’importante comunque è far sparire dalla circolazione il virus, teniamo duro!

- Paaaapy, io odio il Coronavirusss! - s’infiamma la piccola Bianca - Aaaaargh! Coronaviruuuus, sei stufoso! Io voglio andare all’asilo, dalle mie maestre. Dai miei amici.

- Eh. Hai ragione, hai proprio ragione, cucciola. Senti, per fortuna che hai le tue due sorellone qui, così vi fate compagnia e giocate. Se succedeva a me una cosa così quand’ero bambino, da figlio unico... chissà... e senza Internet. Senza “Netfliz”, come lo chiami tu! Eremitaggio vero e tv commerciale. 
Facciamo colazione, adesso, dai.

- La mamma? Riposa o è uscita per andare al lavoro?

- È già andata in ospedale, per il turno. Ma guardate cosa ci ha lasciato: polpette al sugo di pomodoro! Potremmo farle diventare il condimento per un esperimento... Chicca non eri tu che volevi provare gli spaghetti meatball?

- Sì! 

- Dai facciamoci questa americanata, proviamo: oggi pranzo in modalità Nando Moriconi. Sapete chi è? Il personaggio di Alberto Sordi in Un americano a Roma, un giovane che vuole a tutti i costi “fare l’americano”… ma non riesce a rinunciare ai maccheroni di mamma, come li chiama lui. Devo farvi vedere il film. 




-  Lo vediamo oggi papà? O devi andare ospite in qualche radio?

- Ahahah, no no. Già fatto ieri. Per un po’ siamo a posto! Abbiamo dato.


Oddio, ma che idea si sono fatte? Per una manciata di interviste e articoli dedicati al blog che ho aperto, magari va a finire che il ricordo di questa quarantena per loro assomiglierà a una sorta di reality show??
Dopo i passaggi su SkyTg24 e Radio24, ieri mi hanno invitato su Radio1 Rai. E in questo periodo, per spiegare a Bianca la magìa della radio abbiamo giocato a registrare le nostre voci, improvvisando scenette, da risentire insieme. 

Sono saltate fuori cose divertenti, me lo aspettavo dalla piccola, che inoltre mi ha stupito per dolcezza e lucidità, quando le ho chiesto se avesse capito cosa fa la mamma in ospedale. [Ascolta qui]

In questi momenti salta fuori anche il vero animo da Minions: ad esempio adesso, mentre spadello gli spaghetti le tre voci esplodono in una cover dei Sette Nani, dalla colonna sonora di Biancaneve. [Ascolta qui]

A piatto pronto propongo di mandare una foto alla mamma per mostrarle cosa abbiamo combinato. E un messaggio vocale per dirle che la ricetta era buona e ringraziarla delle polpette. [Ascolta qui]
Bianca, come sempre quando è a pancia piena, comincia lo show. Ride sorniona. E nella sua descrizione la mamma ed io ci trasformiamo in una quindicenne ed un diciassettenne.
Ridiamo tutti.


Sono contento di trascorrere queste giornate con le mie bambine. Talvolta sono infinite. Liste lunghissime di piccole cose da fare e raffiche di domande alle quali rispondere. Criceto nella ruota di una gabbia ferma. Ma con Internet, dunque: se tu non vai al lavoro, il lavoro viene da te. 

Sono felice di stare con le Minions, a inventarci come far quadrare la ruota del criceto insieme. Ed è molto meglio tenersi occupati, di sicuro: perché non apparteniamo alla categoria di chi deve solo aspettare che la tempesta passi. 
Di fatto il pensiero che Francesca corra dei rischi per me è un chiodo fisso e non solo per il pericolo Covid, andando e venendo dalla Rianimazione, ma anche per la tanta sofferenza che sta vendendo, lo stress, il futuro professionale probabilmente indirizzato verso il nuovo Centro Covid da 180 posti annunciato nell’ospedale dove lavora.

Non apparteniamo alla categoria di chi deve solo aspettare che la tempesta passi, no.
Ma alle nostre bimbe stiamo cercando di far vivere ugualmente nel modo più spensierato possibile il ballo del qua qua di questa quarantena che sembra sempre finisca qua e poi s’allunga.





. Nel pomeriggio possiamo andare giù in giardino a giocare con i nostri amici a nascondino visivo?

. Eeeeeh? Cos’è “nascondino visivo”? E comunque, sapete che purtroppo bisogna stare lontani. Come fate a giocare insieme?

. Appunto: stiamo lontani, ai lati opposti del cortile. Per questo motivo abbiamo inventato una nostra nuova versione di nascondino: non bisogna andare fino alla tana per liberarsi, ma ognuno ha un proprio posto diverso per correre a “fare tana”, e partendo dal suo nascondiglio deve raggiungerlo senza farsi vedere. Chi “è sotto” e conta per catturare gli altri basta che li veda muoversi. Nascondino visivo! Così possiamo giocare anche senza avvicinarci mai l’uno all’altro.

La quarantena genera anticorpi contro la noia. E contro l’insoddisfazione. Grazie alla fantasia. 
Da questa esperienza globale di restrizioni, sarebbe stato di certo incuriosito Zygmunt Bauman, che nel suo testo Vite di corsa - Come salvarsi dalla tirannia dell’effimero sosteneva:

La maggior minaccia per una società che fa della soddisfazione dei consumatori la sua motivazione e la sua finalità è proprio l’esistenza di consumatori soddisfatti. (…) Non c’è più niente da desiderare? Niente cui dare la caccia? Si è lasciati a ciò che si ha (e quindi a ciò che si è)?

Delineando ipotesi sulle risposte a questi quesiti Bauman arrivava a definire il tempo, nella società dei consumi: 

Né ciclico, né lineare. (…) È invece puntillistico, ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate (come tutti noi, oggi, aggiungo io) ciascuna ridotta a un punto che sempre più si avvicina all’idealizzazione geometrica dell’assenza di dimensione.
(…) Ciascun punto temporale potrebbe contenere in sé la possibilità di un nuovo Big Bang, anche se questa volta su scala molto più modesta, ossia quella di un universo individuale.

“Nascondino visivo” mi pare una bella mediazione tra il vivere in un punto (fisso: ovvero in casa, da settimane) e trasformarlo nel centro del mondo. 
Almeno per una frazione di pomeriggio.


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