#44 - GRANDE EROE… SEI




Non eravamo partiti per fare i supereroi, 
ma a volte la vita non va secondo i tuoi piani ” 

(cit. dal… film giusto al momento giusto)



I film ci possono salvare la vita. 
Ne sono convinto da quando ho scelto, vent’anni fa, di mettere il cinema al centro della mia vita professionale. Ma come tutti, anch’io devo ricordarmi di ricordarmelo nei momenti giusti. 
Che non sono quelli persi davanti al menu di Netflix, a far scorrere titoli e archiviarli in lista ripromettendomi di guardarli al più presto.

Bisogna farselo tornare in mente quando si avanza verso il ciglio del burrone, insomma. È proprio in quelle circostanze che vedere la storia giusta ti consente di immedesimarti e sentirti meno solo. Ti dà energia per rialzarti e andare avanti, qualunque sia la meta che insegui.





A ricordarmelo, in questi giorni, è uno dei tanti scambi di messaggi che alleviano la solitudine del lockdown (sì, lo so: nel mio caso non è vera solitudine… è più un isolamento dal mondo adulto, visto che sono circondato solo dalle mie Minions). 
Salta fuori in un botta e risposta via WhatsApp che va avanti da settimane, con il caro amico critico cinematografico Raffaele Chiarulli. Una sorta di conversazione dilatata tra cinefili di vecchia data, anche compagni d’università e insieme collaboratori della mitica rivista [duel] nei primi anni Duemila. Adesso abbiamo sei figli in due e probabilmente se riusciamo sentirci per parlare ancora tra noi non soltanto di biberon e pannolini, ma anche di cinema è, appunto, perché entrambi abbiamo scelto la settima arte come baricentro del nostro lavoro. Oltre al fatto che la chat annulla sia la distanza Brescia-Milano che ci separa, sia l’obbligo della simultaneità della conversazione.

Raffaele, dunque, mi segnala una sua riflessione sull’importanza del selezionare il film giusto, addirittura come atto d’amore verso noi stessi.
E allora penso a quanto avrei voglia di vedere lui, ancor prima di una buona pellicola. Come ci ricordava Ermanno Olmi in Centochiodi:
Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico ”. Se poi è una birretta, ancora meglio. Apoteosi.

Ma tanto non possiamo uscire. E allora mi ritrovo a pensare: qual è il film giusto, in questo periodo? Sono tanti, perché l’emergenza ha mille sfaccettature. Molti li ho già elencati nei giorni scorsi. Mi interessano soprattutto quelli in grado di essere utili a grandi e piccini. 
In tal senso, mi torna in mente Big Hero 6, premio Oscar 2015 nella categoria Animazione.


Racconta dell’amicizia tra un ragazzino di 14 anni e un robot-infermiere, proiezione di un futuro che in qualche modo è già qui. La lampadina, infatti, si accende perché leggo la notizia dell’invenzione di «Medibot»

Per contenere il rischio di esposizione al Coronavirus per medici e infermieri, in Malaysia hanno inventato «Medibot», un robot in grado di fare visita ai pazienti ricoverati. Alto un metro e mezzo, equipaggiato di telecamera e schermo per permettere ai medici di comunicare con i malati, il robot può anche misurare la temperatura. È stato creato dagli scienziati dell’International Islamic University che adesso vogliono cominciare ad utilizzarlo nel loro ospedale ”.





Rivediamo Big Hero 6 in famiglia.

- Chicca, tu te lo ricordi? L’avevamo visto tutti insieme al cinema quando avevi l’età che Emma ha adesso, 8 anni.

- Sì, bellissimo. E che ridere quando il robot saluta battendo il pugno e aprendo le dita in aria dice: “ Balala-lala ”!


È proprio il film giusto al momento giusto: introduce una importantissima riflessione sul senso di cura, sul coraggio e sull’abnegazione che ci vuole per salvare vite, sul sacrificio che talvolta è necessario per portare a termine una missione.
Guardo spesso con la coda dell’occhio Francesca, accanto a me. Chissà se sta facendo il parallelismo con la situazione difficile che sta passando in ospedale da quasi 2 mesi. Spero di sì. Spero di fare un grande dibattito con lei, dopo il "cineforum domestico".

Il fratello maggiore dell’adolescente protagonista, nonché inventore del robot, lascia al piccolo un significativo insegnamento: l’importanza di imparare a guardare le cose da diverse prospettive.
E la prospettiva che cerco di suggerire io ai miei familiari, per superare questo delicato momento, è quella di provare a rispecchiarsi nei film, usarli come schemi di riferimento, prototipi di situazioni possibili, simulazioni di vita.




Il quattordicenne per una serie di accadimenti si ritrova ad addestrare il robot infermiere al combattimento: vuole vendicare la morte del fratello maggiore e per farlo trasforma l’assistente sanitario personale in un “soldato”. 
Quando l’infermiere si rifiuta di obbedire ad un ordine violento,  gli toglie il chip sanitario, lasciandogli solo il chip da militare e gli intima di nuovo di distruggere il “nemico”. Non svelo come va a finire, niente spoiler. 
Il punto interessante è l’abnegazione del robot a compiere la propria missione di cura, proprio come quella dimostrata dai nostri sanitari nella pandemia Covid-19. 
Le analogie con la guerra sono tante e il mondo intellettuale si divide sull’utilità del continuare a definire l’emergenza con la terminologia del linguaggio bellico, in particolare ricordando le parole della lucidissima scrittrice, filosofa e storica Susan Sontag che sottolineava come, mettendo l’etichetta di guerra ad un’emergenza la si possa trasformare in una bolla spazio-temporale dove “vale tutto” e si accettano così delle perdite.

Questi pensieri mi riportano ad una bella recente chiacchierata telefonica con un amico, Giorgio, già Infermiere di Terapia Intensiva e di Centrale Operativa 118, ora Infermiere di Emergenza della AAT di Brescia, attivo sul territorio sui mezzi infermierizzati, automedica ed elisoccorso. 
Denise, sua moglie, è medico Rianimatore, compagna di università della mia Francesca. Sono cari amici che, turni permettendo (trovare una serata o una domenica con tutti e 3 liberi talvolta è un Risiko sul calendario) frequentiamo con grande piacere. Anche i nostri bambini si divertono a giocare insieme.

Ho chiamato Giorgio per farmi raccontare come sta vivendo questo periodo: mi interessa capire sempre meglio il momento “storico” che stiamo attraversando, sia per stare accanto a Francesca nel modo migliore, sia per portare avanti questo diario, attività che ormai ha assunto una forma tale da mettermi nella condizione di farmi provare un senso di responsabilità non indifferente.

Insomma: ho parlato a lungo con Giorgio, che nelle ultime settimane si è occupato di tantissimi servizi legati a pazienti Covid, anche a Bergamo, trasferendoli dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII alla struttura provvisoria del Centro Fiere. Mentre mi descriveva le sue sensazioni è arrivato a definirsi un “Caronte”. Questo paragone lascia intuire il peso dei ricordi che si appresta a metabolizzare. Presto desidero consegnare a queste pagine tutte le sue preziose considerazioni. 

Per ora, legandomi al tema di Big Hero 6, infermiere-robot che si ritrova spinto in combattimento, basti questa: 

“ La similitudine con la guerra ci sta eccome. Noi, tuttavia, non siamo militari: non accettiamo l’idea di morte, siamo predisposti alla cura ”.

Abnegazione. Responsabilità.

Nei film troviamo libretti d’istruzioni per le diverse situazioni della vita, anche le più inattese.
Il robot di Big Hero, infatti, ripete sempre questa frase: “ Non posso disattivarmi finché non mi dici che sei soddisfatto del trattamento ”.

Guerra o non guerra, possiamo anche smettere di filosofeggiare e concentrarci su una questione più pressante, per il futuro: i pensieri dei nostri operatori sanitari non si placheranno presto.


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. Papà - esclama Emma alla fine del film - ho capito perché si chiama Big Hero 6!!! Pensavo fosse il sesto film di una serie… invece il motivo è che, tutta la storia, porta il ragazzino a non essere più solo… si forma un gruppo di sei amici, supereroi per caso!


Ha colto nel segno: il punto adesso è proprio questo, non lasciare soli i nostri operatori sanitari. A parte i Medibot della Malaysia, non sono dei robot, per fortuna. E hanno bisogno di noi.


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“ Non eravamo partiti per fare i supereroi, 
ma a volte la vita non va secondo i tuoi piani ” 


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