#52 - STAND UP! - LA SFIDA DEL RIDURSI A ICONA



Ho sempre una tentazione durante le videoconferenze. 
Lanciare una sfida:

- Pronti? Uno, due, tre… tutti in piedi, dai!

- Come?

- Cosa?

- Tutti in piedi, così vediamo chi, sotto, è in tuta o in pigiama!

- Ahahaha, ma no dai, figurati.

- Dai Paolo… è contro il galateo della video-chiamata… fidati, siamo tutti eleganti al 100%.

- Sì, sì. Crediamoci. E di certo avete anche le scarpe. Col tacco.


Non so se lo farò, questo scherzo. Ma adesso siete avvertiti. E, per coerenza, anch’io dovrò ricominciare a vestirmi bene. Chissà se ci riuscirò, dopo questi 2 mesi di pendolarismo tra tavola imbandita e computer.

In ogni caso, anche senza sdoganare questa gara di “stand up!” sono già tanti gli aneddoti dei quali sorridere, da quando ci siamo abituati a vederci solo come mezzibusti. Dal momento in cui ci siamo trasformati in esseri mitologici: uomini-scrivania, come i giornalisti del Tg. 
Insomma, ci stiamo dando a vicenda il benvenuto nell’era del “ ridursi a icona ” : siamo tutti diventati simili alle finestre aperte sul nostro desktop (unico spazio sociale che adesso abitiamo) e come loro possiamo essere messi in attesa nella barra e ripescati all’occorrenza. 





Una volta essere icone era un status da vip, oggi la norma. Dunque mi diverto a ragionarci su, collezionando racconti di amici ed osservando attentamente le loro scelte di messa in scena. È così che dobbiamo chiamarla: perché la videochiamata prevede un’inquadratura. Una scelta di luci. Un look: trucco e parrucco. Dei tempi diversi dalla semplice telefonata, dove bastano pochi attimi di silenzio per capire che è giunto il momento di salutarsi e metter giù
Le conversazioni in video, invece, anche quando orfane di parole, proseguono imperterrite come film di Antonioni, mutando in sguardi d’attesa. Diventano un’Avventura nell’incomunicabilità, nell’alienazione. Ognuno incorniciato nel proprio riquadro, sbirciando il fuoricampo. Insomma, sono cinema! 
Si fa per dire, metto le mani avanti, prima della levata di scudi dei cinefili. Provo a spiegarmi meglio: le videochiamate assomigliano al cinema o alla tv in quanto unità di spazio e tempo definito, che ci obbligano alla proprie regole per comunicare attraverso immagini e suoni. 





Talvolta possono sembrare trasmissioni cult o b-movie divertenti. Chiedetelo a quel mio caro amico regista che ogni venerdì organizza un videoparty a tema con gli amici: una sera vanno online tutti con look in stile Bollywood (e mi manda la sua foto con il bindi), un’altra volta tutti travestiti da personaggi di film e serie tv genere medical drama (e mi invia un suo ritratto agghindato da J.D, il dottor Dorian di Scrubs, che stamperò e metterò nel portafogli come un santino - un'icona, appunto).





Facile parlare degli altri (ci sarebbe anche la professoressa sempre stilosa che mi ha confessato di far lezione con maglia di paillettes e pantaloni del pigiama), ma veniamo a me. Mi sembra corretto non sottrarmi. Come sarebbe possibile, poi, visto che in questi giorni mi stanno vedendo tutti con un cerotto da pugile sul sopracciglio? Stile Rocky Balboa, ma non l’ho messo per partecipare ad una video-festa a tema boxe.




Anzi. Tutt’altro. Una mattina, alle 9.20, giusto 10 minuti prima di “andare in onda”, ho sbattuto contro il rubinetto di design della toilette (mannaggia al feng shui!), un tubo d'acciaio che esce dal muro e svetta sulla traiettoria del rinfrescarsi il viso. 
No, non mi ero appena svegliato: ho 4 testimoni e vari post sui social che lo dimostrano… l’alba è la mia migliore amica in questo lockdown agli arresti domiciliari. 
Sì, mi stavo "aggiustando" prima della diretta con i miei studenti come “spettatori”. Per fortuna santadonna Francy era in casa e ha fatto un po’ di straordinari da medico, per ricompormi con gli Steri-Strip. E se la rideva alla grande! Taglio piccolo, ma come è noto in quella zona sanguina parecchio. C'è mancato poco alla lezione pulp.




Comunque, al di là delle lezioni in live streaming, per la prima volta ho ceduto alle lusinghe di un’esperienza da YouTuber, in nome di un'iniziativa alla quale tengo molto: la rassegna Cinema per le Scuole del Nuovo Eden, che curo insieme allo staff del cinema della Fondazione BresciaMusei. Abbiamo reagito allo scossone del Coronavirus, riuscendo a traghettare le proiezioni dei film che ci mancavano per chiudere la stagione nella forma di visioni in streaming, gratuite per il nostro pubblico di scolaresche. 
Siamo molto felici di aver trovato il modo di riorganizzarci, soprattutto per dare un segnale di vicinanza a studenti e insegnanti che stanno affrontando la sfida della Didattica A Distanza. Crediamo nel cinema come strumento didattico e sentivamo il dovere di fare la nostra parte. 
E arrivo al punto: io di solito sono in sala, parlo con il pubblico prima del film, per introdurlo, e dopo la proiezione, per analizzarlo insieme agli studenti, introdurre gli ospiti e moderare il dibattito.

E dove invitare un ospite, senza un luogo? 
Nell’inquadratura. 
Traducendo la chiacchierata in una video-intervista. 

La prima l’ho fatta a Phaim Bhuiyan, regista e protagonista del brillante film d’esordio Bangla.




Lui, poco più che ventenne, ha un breve passato da YouTuber, poi espiato frequentando una scuola di cinema e dirigendo un lungometraggio ben riuscito, su base autobiografica, dedicato ai turbamenti di un ragazzo di seconda generazione innamorato di una coetanea romana, situazione che diviene un vero banco di prova dell’intreccio tra culture e tradizioni.




Io, neofita, un po’ imbalsamato (ma non ancora segnato in viso come Rocky) mi sono divertito ed entusiasmato ascoltando le risposte di Phaim. In particolare i suoi consigli cinefili al nostro giovanissimo pubblico: alcuni titoli che hanno contribuito alla sua formazione, a partire dal cinema americano e spaziando fino a due capolavori italiani dei primi anni Sessanta. Una bella sorpresa.

. Rocky (1976 - John G. Avildsen), che Phaim considera una metafora su come affrontare ogni battaglia e titolo inoltre interessante per la vicenda produttiva: una strenua battaglia di Sylvester Stallone, protagonista e sceneggiatore, per mettere in scena il suo script, premiata poi con 3 Oscar.

. Little Miss Sunshine (2006 - Jonathan Dayton e Valerie Faris)
. Forrest Gump (1994 - Robert Zemeckis)
. Il sorpasso (1962 - Dino Risi)
. Accattone (1961 - Pier Paolo Pasolini) 

Film molto diversi tra loro, ma tutti specchi del proprio tempo. 
Messi così, insieme, sembrano comporre una mini-rassegna naive, in equilibrio tra pop confortevole ed eleganza classica. Una selezione confidenziale e colta, proprio come una brava professoressa in paillettes e pigiama.


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