#56 - LA F(R)ASE 2
Cara Francesca, compagna d’avventura nel meraviglioso compito d’essere genitori, mentre dormi e ti prepari a svegliarti presto per correre in Rianimazione a fare il tuo lavoro, ti scrivo queste righe, per riflettere “con te” (pensare che leggerai è già essere insieme in queste righe, successivamente ne parleremo) sull’evoluzione della crisi non più solo sanitaria, bensì già socio-economica che stiamo vivendo. Ci manca quella politica, ma arriverà, è in coda alle altre per evitare assembramenti.
Quel che ho capito è… che è tutta una questione di fasi e frasi.
La FRASE 1 è quella che può spararla grossa, destare l’attenzione.
È compito della FRASE 2, poi, spiegare il concetto espresso dalla prima, convincere che sia stato necessario annunciarlo in modo ardito.
Questo accade quando si raccontano storie.
Vale anche per titolo e catenaccio, nel giornalismo.
Nella storia più reale di tutte, la nostra vita, dovrebbe essere lo stesso.
E invece purtroppo no:
La FASE 1 è stata quella del lockdown, ma è arrivata un po’ “balbuziente”, in 2 o 3 passi, dapprima timidamente, poi tentennante e infine con rigidità.
Ed eccoci pronti adesso alla FASE 2: esattamente speculare alla prima: riapertura timida, a macchia di leopardo (con i plexiglass per isolare i tavoli del ristorante, l’uno dall’altro), mentre le scuole restano chiuse e l’unica alternativa proposta per le famiglie è mamma Rai, come ai tempi del maestro Manzi… da oggi alle 15.20 su Rai3 parte #maestri, nell'ambito del progetto #lascuolanonsiferma, frutto della collaborazione tra il Ministero dell'Istruzione e la Radio Televisione Italiana.
Il nostro attuale panorama cristallizzato, piuttosto che essere letto come un’opportunità per riflettere su quali dinamiche sociali ed economiche siano migliorabili, è sempre visto e descritto solo come la scena di un delitto, da ripulire per far in modo che tutte le attività possano ripartire nello stesso identico modo di prima. Senza riflettere sulla catena di cause che hanno reso possibile la deflagrazione di una bomba socio-economico-sanitaria così epocale. Bisognerebbe, invece, rintracciare ogni errore nelle micro-dinamiche umane che accettiamo ogni giorno, tamponarli tutti per ripartire sani.
E con tutti intendo proprio ognuno di essi, perché sono spesso collegati, concorrono a formare una rete dove le colpe si ammortizzano l’una con l’altra. Ad esempio: la scomparsa delle piccole attività di quartiere è legata al nostro preferire (a suon di click) l’ordinare la merce dal miglior offerente, costi quel che costi dal punto di vista dello sfruttamento dei lavoratori e delle emissioni di gas serra. Ci sono in gioco l’Uomo e l’Ambiente. C’entra l’uomo-lavoratore che preferisce non rischiare dal punto di vista imprenditoriale o associativo e accarezza ancora l’idea del posto fisso (scelta legittima, miope solo perché si illude di vivere ancora in un periodo simile agli anni del Miracolo Economico, dunque poco dopo la metà Novecento) e sceglie così di affidare il suo destino al farsi non-assumere da un gigante internazionale che non gli garantirà diritti, ma solo lavoro a chiamata. Un Moloch che lui stesso alimenta, scegliendolo per fare o propri acquisti, scontatissimi proprio perché i lavoratori non hanno garanzie. Su questo tema è peculiare l’ultimo film di Ken Loach, Sorry We Missed You, che è anche uno degli ultimi che ho visto in sala.
In questi giorni ci siamo ricordati, tuttavia, i vantaggi di uno stile di vita più sostenibile, nell’ambito del quartiere, area così fondamentale per le interazioni umane, riconosciuta fertile di relazioni nel momento del pericolo e dell’obbligo di fermarci, stare a casa.
Ed eccoci riscoprire come concordare consegne a domicilio con una telefonata, sentendo una voce, mentre magari invece ci tremavano le gambe davanti al sito web di una grande catena di supermarket, inaccessibile perché troppo saturo di ordini… e ci spaventava l’idea di non trovare interlocutori validi, in carne ed ossa.
E mentre già da giorni tira un’aria troppo rilassata (come un lungo casual friday, insomma un venerdì pomeriggio in ufficio in bermuda a camicia hawaiana, o comunque “comodi”, secondo quell’usanza che denota entusiasmo per il weekend in arrivo) si prospetta una riapertura piena di contraddizioni, innanzitutto riguardo alla scuola.
Senza mettere in discussione la necessità di evitare il rientro nelle aule per mancanza di spazi che consentano il distanziamento sociale (o la questione dell’affollamento dei mezzi pubblici, altra criticità) ciò che stupisce davvero è la mancanza della proposta di un’alternativa valida e condivisa che consenta ai nostri figli di evitare un doppio trauma: il buco culturale causato da un intero quadrimestre perso o zoppicante (la didattica a distanza è lasciata alla buona volontà degli insegnanti e risulta una soluzione colabrodo) e la voragine emotiva dell’isolamento da compagni ed insegnanti (ricordiamoci anche come è avvenuto lo stop: all’improvviso, una domenica, senza mai più vedere la scuola! Come fosse stata bombardata o spazzata via da un uragano. Una ferita per tutti, ancora più bruciante per i bambini e i ragazzini degli ultimi anni dell’asilo, delle elementari, delle medie e delle superiori, per sempre orfani del tratto di strada utile a concludere un ciclo, compresi i saluti di congedo alle persone con le quali lo hanno condiviso, e al contempo privati del giusto supporto per prepararsi ad iniziarne uno nuovo.
Mentre gli adulti cercano di venirne a capo… È forse davvero giunto il momento di mettere i bimbi a fare (tutto) da capo?
Soluzione bizzarra, quanto ad effetto, profetizzata nel 1976 dal cineasta e critico François Truffaut.
Il punto è che i bambini non votano: lo diceva il fantastico maestro del film Gli anni in Tasca. Ci basti come provocazione, come FRASE 1. In quella che seguirà non servirà mettere in atto alla lettera questa boutade, basterà ricordarsi che accende i riflettori sul futuro.
Cara Francesca, quando tornerai a casa, dopo il turno, ti farò rivedere la scena del monologo di fine anno alla sua classe. Una delle più toccanti della storia del cinema. La dedicheremo alle nostre bambine e a tutti i bimbi e ragazzi che vivono oggi nell’incertezza. E anche a tutti quegli insegnanti che, pur da cavalieri solitari, stanno tenendo le redini del futuro dei nostri figli.
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NOTE
Il disegno degli "Stranger Kids", ovvero la banda di sorelle ed amici ispirata alla serie tv, è opera della nostra Federica, nel tempo libero di questi giorni.
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Il disegno degli "Stranger Kids", ovvero la banda di sorelle ed amici ispirata alla serie tv, è opera della nostra Federica, nel tempo libero di questi giorni.
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