#59 - LA FELICITA’ ALL’ORIZZONTE



Ho fatto un sogno. 
L’umanità, in massa, reggeva un’enorme stilografica. 
C’era chi camminava da una parte, chi in senso opposto.
La penna ondeggiava.
Davanti alla folla si aprivano due strade, che conducevano verso altrettanti giganteschi libri.
Il titolo del primo era “Il futuro è cominciato con una pandemia”
L’altro, invece: “L’era del Covid-19 come occasione persa per una rinascita”

A noi la scelta.

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Al risveglio il sole primaverile filtra nella stanza. 
Aprendo gli occhi vedo la piccola Bianca in piedi accanto al letto, sguardo furbetto.
Ha preso l’abitudine a liberarsi dal suo sacco-nanna: sguscia fuori e viene a vedere se dormo ancora, per infilarsi nel letto a fare le coccole. Si mette al posto della mamma, che spesso è già uscita per andare al lavoro oppure sulla via del ritorno dal turno di notte. È un modo di respirarne comunque l’essenza, anche se non può abbracciarla appena si sveglia.




Stamattina, in realtà, mamma Francy c’è. È in cucina, lo capisco dal profumo di caffè che filtra fino alla camera da letto e mi rallegra. Lavorerà domani, anche se è il Primo Maggio. 

La Rianimazione non si ferma. Siamo abituati, l’importante è che la fase più acuta dell’emergenza Coronavirus sia passata e che non arrivi una seconda ondata. Dipenderà da ognuno di noi, dalla responsabilità individuale nel vivere il “ritorno alla realtà” dopo il lockdown. Sarà una festa dei lavoratori diversa, come tutte le ricorrenze lo sono state di recente. 

Francesca - che un po’ ancora rosica perché lavorando a Pasquetta si è persa gli chef che il giorno di Pasqua sono andati a cucinare in ospedale - di recente mi ha detto, scherzando: 

- Speriamo che anche per il Primo Maggio qualcuno si ricordi di noi, magari giusto qualche pizza… Era bello sentire l’affetto della città, quello slancio di generosità nei nostri confronti nelle prime settimane. Ci sta, non possono certo regalarci sempre tutto. Comunque resteranno nella nostra memoria quei momenti, ci siamo sentiti meno soli nella tempesta.

Bianca salta nel letto con me. La stringo, notando quanto sta crescendo. Ci stritoliamo a vicenda e ridiamo. Misuro con le carezze quanto tempo mi resta prima che anche lei, come è già successo con le sue sorelle, non sia più così piccola. Che passi la “fase zainetto”, insomma quella che dura finché i bimbi non superano le dimensioni di uno zaino e puoi caricarteli sulle spalle in mille modi e portarli ovunque giocando a farli volare, a farli girare come fanno i ballerini acrobatici di rock’n’roll. Fare da trampolino per i loro tuffi più sfrenati in piscina o al mare. Che poi è una metafora di quello che vorresti essere per loro nella vita: un approdo sicuro dal quale spiccare il volo.

Ad un certo punto, percepisci il loro peso, noti il loro volume: diventano presenze semi-adulte con le quali confrontarsi, dividendo spazi casalinghi e tempi nelle conversazioni. Io e Francesca stiamo vivendo questo periodo con Federica, che tra pochi giorni compirà 13 anni.

- Papo, ho sognato: gazzelle, leoni e ragni.

Bianca allenta il filo dei miei pensieri, che mi stanno portando avanti e indietro nel tempo come un elastico da bungee jumping dopo il salto del diventar genitori. 

- Anche ragni? Cosa ci facevano con gli animali della savana?

- Eh, papino papone, chi lo sa… Dammi un abbraccio!

- Chiamiamo anche le tue sorelle e la mamma, dai! È da un po’ che non facciamo una supercoccola di famiglia nel lettone. Bisogna farle, intanto che ci stiamo ancora tutti… sta diventando stretto.

- Chiccaaaaa, Emmaaaa…. Sveglia “dommiglione”! 

- Brava, così si fa!

- Chiamiamo anche “Jugliano”?

- Amore, il nostro cagnolino pesa 40 kg e ha il fiato di un drago indigesto… magari possiamo andare noi da lui, dopo, ad accarezzarlo.

- Va bèèèèèè.

Una ad una arrivano tutte. 
Poker di donne. Sono 4 e tutte ridono. 
In momenti come questo tocco il cielo con un dito: è come se l’elastico del bungee jumping per qualche strano motivo si estendesse verso l’alto, fino a farmi dare un’occhiata in paradiso. Sbucando con la testa tra le nubi e subito tornando giù, nel groviglio di gambe, braccia e cuori della mia famiglia.

La metterei su ruote, questa casa, e partirei.
In questo lockdown è stata tutto: un’astronave dove tornare per la mamma, agganciata a noi con un filo, durante i suoi turni nello spazio, bardata con la tuta anti-Covid; un co-working; una scuola virtuale, con 3 o addirittura 4 video-lezioni e webinair in corso comporaneamente; un cinema, tutti sul divano; un laboratorio di cucina; un bar per aperiMeet; uno studio tv dove registrare video-interviste; una piccola redazione, satellite di altre più grandi. E una savana, innanzitutto.




Adesso la trasformerei volentieri in una tiny house, come quelle casette viste per la prima volta nel bellissimo documentario Minimalism, che non perdo occasione di mostrare ai miei studenti, riscontrando entusiasmo - anche da parte dei ventenni - verso una riflessione che ci porti a consumare e possedere solo il numero “giusto” di cose: non un atteggiamento di rifiuto nei confronti del consumo, semplicemente una presa di coscienza dei propri reali bisogni. Una visione più nitida dell’idea di felicità.




Partirei con la tiny house e il mio fantastico equipaggio femminile.
Come Microbo e Gasolina, gli adolescenti del film di Michel Gondry che ho mostrato a Federica, storia di una fuga alla Stand by Me, viaggio iniziatico per due amici bullizzati dai compagni di classe, che si costruiscono una casetta e si mettono ad attraversare la Francia in modo rocambolesco, alla ricerca nient’altro che di se stessi.





Metaforicamente è quello che mi ripropongo di fare, dalla fine della “quarantena” in avanti, gradualmente. Vorrei mettere a frutto gli insegnamenti di questo particolare periodo. Sarà un’altra occasione per provare a riorganizzarsi, non in modo radicale, nel nostro caso. Già prima riflettevamo spesso sulle nostre dinamiche di lavoro e di consumo. Adesso per Francesca sarà tempo di metabolizzare il super-impegno ospedaliero vissuto e ancora in corso, per me di provare ad aiutarla a farlo nel miglior modo possibile. 
E sapere qual è la linea d’orizzonte che definisce la nostra idea di felicità è importante per orientarsi nel percorso che ci attende.

Stamattina è quella del copriletto.


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