#46 - INSEGNARE A VOLARE ALLE GABBIANELLE
Tra le tante vittime dei tempi tragici che stiamo vivendo, il Coronavirus si è portato via anche il grande scrittore Luis Sepúlveda. Uno dei primi nomi molto noti a contrarre il Covid-19, durante la fase iniziale dell’epidemia in Europa, quando ancora dominavano lo scetticismo e l’hashtag in voga era #nonsiferma. Forse qualcuno avrà aumentato il proprio livello di cautela proprio allarmato dalla notizia che il poeta e narratore era risultato positivo, dopo un evento letterario in Portogallo.
La cosa che mi colpisce, adesso, oltre al dispiacere per la repentina dipartita di un intellettuale e attivista, esempio di resistenza alle angherie del regime di Pinochet in Cile, capace di coniugare l’impegno in favore dei diritti e dell’ambiente con la pungente levità dello scrivere… è anche realizzare che Sepúlveda era nato nello stesso anno di mia madre.
Un’equazione quasi banale nella sua linearità, che tuttavia aggiunge sgomento ai turbamenti di questo periodo, dove non passa giorno senza notizie drammatiche.
Da cinefilo non posso non ricordare quando è uscito il meraviglioso film di Enzo D’Alò La gabbianella e il gatto, tratto dal testo di Sepúlveda Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare. Volgevano al termine gli anni Novanta, ero appena diventato un giovane adulto e, ebbene sì, il mondo era diverso. O almeno: l’idea di futuro che avevamo in mente era differente, guidata da grandi aspettative.
Per onorarne la memoria dello scrittore, decidiamo di riguardare insieme il film di D’Alò in famiglia. Francesca ed io avevamo regalato il dvd a Federica, anni fa, e con lei adesso posso cominciare anche a parlare in modo più approfondito della vita errante dello scrittore, mosso da grandi passioni e ideali.
Per Emma e Bianca, invece, è la prima visione: sono rapite dalle immagini, dal racconto e anche dalle musiche di David Rodhes. Anche se è Siamo gatti, cantata da Samuele Bersani, a conquistarle e a risvegliare in me i ricordi di quando, una decina di anni fa, la cantavo a Federica ogni mattina lavandole il viso, per addolcire quell’operazione fastidiosa fingendo di lavarci come i felini.
Ci sono anche personaggi che mettono un po’ di paura: i topi, con gli occhi rossi. Spicca su tutti il Grande Topo (voce di Antonio Albanese) che spaventa, ma va bene così. Ripensando alla mia infanzia, mi rendo conto di essere cresciuto in un clima edulcorato rispetto alla bruciante realtà. Dunque l’inevitabile evidenza di questo periodo di reclusione casalinga con conseguente isolamento sociale, potrebbe essere un’occasione di cominciare a far capire - con le giuste cautele e l’aiuto di storie come quelle di Sepúlveda - qualche verità sul mondo. Dove, tutto sommato, esistono anche gatti come Zorba (con la simpatica e rassicurante voce di Carlo Verdone), sensibili al punto di promettere ad una gabbianella - stremata per colpa del petrolio fuoriuscito in mare da una nave che le ha compromesso le ali - che coveranno il suo uovo e addirittura insegneranno a volare al nascituro.
In questi nostri “giorni dell’arcobaleno”, mentre alle finestre si vedono appesi disegni colorati con il motto “andrà tutto bene”, mi tornano in mente quelli cileni, raccontati dal brillante film No - I giorni dell'arcobaleno (Pablo Larraìn, 2012 - disponibile su RaiPlay), quando nel 1988 il Cile votò contro la dittatura militare di Pinochet al referendum indetto dal regime, che confidava in un plebiscito a favore del generale come modo per legittimarsi sotto il profilo democratico dopo 15 anni di soprusi.
Con gli arcobaleni e grazie ad una campagna elettorale leggera quanto coraggiosa si chiudeva il capitolo di violenza e soprusi iniziato l’11 settembre 1973, con il colpo di stato che vide bombardato il palazzo governativo, dove morì presidente Salvador Allende, della scorta del quale Luis Sepúlveda fece parte.
Un’altra storia sul potere delle storie.
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