Ci risiamo.

Respirazione in parti uguali.

Inspira contando fino a tre - espira contando fino a tre.


Mi lascio cullare dalla voce-guida dell’app per fare yoga che ho imparato ad apprezzare durante il lockdown, dopo aver preso in giro bonariamente Francesca.

Sono nella “posizione del bambino” (ovvero seduto sui talloni e prostrato in avanti fino ad appoggiarmi con la fronte sul tappetino, stendendo le braccia in avanti il più possibile per stirare i muscoli dorsali). 

Mi abbandono al ritmo cadenzato del mio respiro e - errore gravissimo - penso.

Ogni secondo, una menata.


. La petizione dei medici preoccupati.

. Lo spettro del Natale in lockdown evocato. 

. Il mondo che brucia alle porte, appena fuori confine.


Ho inspirato.


. Le mille cautele prese a scuola e le diecimila eccezioni viste nella vita privata, tradotte nei 2664 casi lombardi di ieri. 

. Bambini più maturi degli adulti, che s’inventano saluti a distanza (li ho visti “battersi il 5 con i piedi”, in equilibrio sull’altra gamba) mentre tra noi l’ultima moda è darsi i pugnetti (oltre all’ormai classico “gomitino volante”).

. E infine, adesso che Halloween è all'orizzonte le mie bambine mi guardano con gli occhi languidi sperando di poterlo festeggiare. Utopia. “Dolcetto o tamponcino?”. Mah. Tocca, di nuovo, fare i genitori severi, dire altri “no”. Spiegare. Argomentare. Fino a perdere il fiato.


Ho espirato.


Ma non espiato, evidentemente. Questo Coronavirus è una come una piaga biblica. Ci dev’essere una colpa da scontare - mi vien da pensare - per questo vivere col fiato corto. E a ben guardare, altro che una. Ne abbiamo combinati di disastri nel corso della Storia, noi esseri umani. L’ultimo è evidente: non ammettere di essere malati, come umanità, come società. 


Dovremmo sentirci parte di un unicum. Perché il Covid colpisce il nostro corpus sociale, proprio come un malanno fa con un corpo. E se l’individuo trascura i sintomi, il male si diffonde. Si chiama metastasi. Proprio così: quella parola che nessuno vorrebbe sentire.


E allora talvolta corriamo più veloci del suono per non udirla. E invece bisogna sentirla rimbombare nel cervello ancor prima che venga pronunciata, per prevenire. Così non daremo modo al destino di dirla.


Che pazienza che ci vuole. Come a mangiar (sempre) sano e fare yoga.

La questione della prevenzione, tuttavia, non è uno sforzo da compiere solo per noi stessi: è più votata al sociale, alle proprie responsabilità verso gli altri. Come rispettare il codice della strada, non fare i furbi saltando le code. Siamo a posto, insomma, così a occhio, verrebbe da pensare… E invece no, è l’occasione per trovare un equilibrio. 


Cominciamo respirando in parti uguali, come suggerisce la voce guida dello yoga dell’app.

Prendiamoci la responsabilità di ogni nostro respiro, del suo impatto su di noi e sugli altri.


Tin tin


A spezzarlo, questo respiro che anela al sollievo, arriva un messaggio sul cellulare di Francesca, proprio mentre a tarda sera tentiamo di buttar via i pensieri, accoccolati davanti ad una serie tv. Scrubs ci ha fatto compagnia per mesi, abbiamo quasi finito di rivederne le 9 stagioni, già divorate insieme a partire dai primi anni Duemila, quando lei era una studentessa di medicina.


“Tutte le Terapie Intensive Covid della Lombardia sono piene”


Ecco la verità che squarcia la bolla di relax che il piccolo schermo ci stava regalando.

Insomma, gli “hub” deputati a gestire l’emergenza sono saturi. 94 posti su 94 occupati. Bisogna iniziare a pensare a come gestire i prossimi pazienti in arrivo. A giudicare dall’andamento della curva dei contagi, una stima basata sull’esperienza maturata negli ultimi mesi prevede 200 pazienti entro i prossimi 5 giorni.


Non c’è un minuto da perdere per organizzarsi.


Lei pensa a quanti mesi di tuta bianca da indossare la attendono ancora.

Io al blog da riattivare.

Non che le due cose siano paragonabili. Semplicemente speravamo di averle archiviate entrambe.


Male, ma non malissimo.

Sta a noi evitare di scivolare nella menata "superlativa".

Possiamo ancora evitare la deriva. Per farlo dobbiamo essere un corpo unico. Tutti.


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