SCENOGRAFIE DELLA "GUARIGIONE"



Visto dall’alto sembra una base spaziale. L’ospedale della nostra città. Un’eccellenza trasformatasi di recente nel più grande nosocomio Covid del Pianeta. È quello che, ad oggi, pare abbia accolto il maggior numero di pazienti da Coronavirus in contemporanea: 900.

Ci sono nato, lì sono venute al mondo le mie figlie e lavora da 15 anni mia moglie, anche lei nata tra quelle mura di mattoni rossi.
È più di un luogo: è il cuore della città. È stato in fibrillazione per settimane ed è responsabilità di tutti noi cittadini fare in modo che non torni al collasso…





- Ma papy, cosa fai? Non lo avevi chiuso questo blog? Perché batti i tasti del computer con quell’anda? 

- Allora, ragazze, in un certo senso sì, con la “riapertura” del 4 maggio ho annunciato un cambio di passo (stop alle pubblicazioni quotidiane, abitudine nata durante il lockdown per fare compagnia ed informare)… Ho inaugurato una nuova fase, fatta soprattutto di relazioni. Dialoghi telefonici per parlare del lascito dell’esperienza della quarantena. Procedo secondo quella linea, convinto che serva guardare avanti senza dimenticare quanto è accaduto. E infatti dopo Bruno Bozzetto e Giovanni Storti, è in arrivo questo weekend un’altra intervista. Sorpresa!
Questo non esclude che, davanti agli sviluppi della situazione, non possa accendersi in me il desiderio di comunicare di tanto in tanto alcune riflessioni alla bella community di lettori che si è creata negli ultimi mesi. Anzi, in effetti tanti mi scrivono messaggi per chiedermi come sta la mamma… come vanno le cose in ospedale… 

- Sì, ma alla fine hai un sacco di voglia di continuare a scrivere Paul… dilla tutta! - salta su Francesca.

- Ooook, lo ammetto. Sgamato. Te l’ho sempre detto che, anche se è nato per te, questo blog in fondo è stato terapeutico per me. Un rifugio, mentre ti sapevo nel vortice.

- E allora pubblica! Anche sul blog, non solo sui social come ieri… che tanti miei colleghi non li usano e so che vanno a controllare direttamente sul sito se ci sono novità. E anche a me fa sempre piacere che si tenga alta l’attenzione sull’andamento dei contagi. Siamo rimasti solo noi, come Rianimazione, adesso, ad occuparci dei pazienti Covid. Insomma, il mio reparto. Gli altri, allestiti durante le fasi più difficili dell’emergenza, sono stati smantellati. 

- Il Veneto ieri ha raggiunto il livello zero contagi!

- Bene! Noi purtroppo invece, per ora, pare saremo destinati a rimanere Centro Covid. C’è un po’ di fermento in atto. Anche una petizione per fermare il progetto.

- A Brescia 50 nuovi casi mercoledì, 77 giovedì.

- E il problema preoccupante è che in giro si percepisce montare l’insofferenza verso le regole. 

- So cosa stai pensando: che a non tracciare i contagi l’unico punto d’arrivo certo è... l’ospedale! E voi operatori siete giustamente stanchi, provati... che non vi servono complimenti e applausi, ma rispetto, che si dimostra con la prudenza, per non diffondere di nuovo il virus.

- Ecco, l’hai detto. E adesso pubblica quel post, che non bisogna smettere di parlarne di questi argomenti. Non bisogna far finta che sia stato un brutto film. Quello che abbiamo visto ha modificato la realtà.


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Si dice che le PANDEMIE del passato non si conclusero in modo netto, ma andarono scemando, lentamente. L’ultima fase fu caratterizzata da una sorta di ACCETTAZIONE DEL RISCHIO: la gente, stanca dei sacrifici e delle rinunce, semplicemente tornò alle normali abitudini.

Un FATALISMO che noto emergere anche in questi giorni, fatto di piccoli slittamenti: oggi un cenno di saluto ad un metro, domani a 50 cm, dopodomani a 40. Nel weekend, forse, brindisi e pacche sulle spalle. In barba a chi ha avuto lutti e a chi si è fatto carico dei soccorsi negli ospedali - investiti da uno tsunami di pazienti - ed ora deve curarsi le ferite dell’anima.

Ma anche alle tante attività imprenditoriali fallite, perché non riescono a rialzarsi dopo il lockdown. 
E a tutta la popolazione scolastica (alunni, insegnanti, famiglie… che vivono i sacrifici della didattica a distanza: eh sì, non solo la logistica... ad esempio i danni psicologici dovuti a una socialità interrotta bruscamente per un quadrimestre intero e i buchi culturali conseguenti, che si vedranno in futuro).




Tanti, insomma, i soggetti colpiti più o meno direttamente dal Covid-19. 
Ad elencarli così sono un sacco di gente: ma allora chi sono quei tizi con le MASCHERINE SUL MENTO che vedo per strada? Con i NASI FUORI. Quelli che fanno sport e non cambiano marciapiede quando incrociano qualcuno… o ti arrivano da dietro e ti superano sbuffando la fatica delle troppe abbuffate della quarantena (nella categoria sportivi outdoor c’è anche chi scrive, ma assumendo le dovute cautele, non si legga dunque in modo polemico questo passaggio). Chi sono, allora?

Siamo NOI, quando ci concediamo piccole deroghe.
E sono i singoli minuscoli drammatici errori di ognuno,
che sommati creano un’onda.

Ieri a Brescia, città tra le più colpite, si sono registrati 77 NUOVI CASI di positività. Il giorno prima 50. Sembrano pochi in confronto al passato? Ma ci siamo chiesti cosa penseremmo se fossero vittime qualcos’altro, identificabile in modo specifico e neutralizzabile?

Tipo il MOSTRO DI UN FILM DELL’ORRORE, che infetta solcando le strade e i parchi? Scoperchiando i centri commerciali? La sensazione sarebbe la stessa? O faremmo di tutto per fermarlo? Invocando i soliti Avengers. Che a questo punto, però, sono un po’ stanchi, provati, debilitati o addirittura malati. Morti, anche.

Ognuna delle 127 persone ieri positive ha famiglia, amici, colleghi, conoscenti.
Presumibilmente (per quanto visto finora nella gestione) tutti (o molti di) questi soggetti entrati in contatto con i nuovi malati non verranno “tamponati”. Ma “tamponeranno”, cozzando contro coloro che incontrano.

Perché è facile che una parte di loro oggi sarà in giro con la mascherina messa male. Magari, se inconsapevole del contagio del conoscente, con la sensazione che tutto si stia risolvendo.
L’aggravante è la PERCEZIONE DISTORTA di una nuova normalità più sicura, MESSA “IN SCENA” dalle PRECAUZIONI effettivamente visibili: plexiglass che spunta qua e là a dividerci, ingresso contingentato e percorsi obbligati nei negozi, guanti e mascherine che ormai sono quasi accessori fashion.

Precauzioni che percepiamo, ma giorno dopo giorno ci abituiamo a considerare COSTUMI e SCENOGRAFIE dell’emergenza.

Restando nella metafora cinematografica, un lato positivo c’è, pensandoci bene: la sceneggiatura la scriviamo noi. Insieme.

E allora smettiamola di stressare gli eroi e puntiamo ad un bel finale corale.
Viaggiamo tutti insieme: sarà la responsabilità di ognuno nello spostarsi dalla parte giusta a riequilibrarci, evitando il naufragio.


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PER APPROFONDIRE:



. Mappe e grafici: l'andamento della pandemia Covid-19 sul GdB


. 46mila morti in più tra aprile e marzo


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